I murales di Ballarò

Cinque artisti della street art si sono messi insieme per riqualificare lo spazio urbano degradato di Ballarò nella zona dell’Albergheria di Palermo

La street art tra, le tante espressioni artistiche dell’arte moderna, è quella che trova nella strada lo spazio di lavoro e le giuste motivazioni che portano l’artista ad esprimere, magari all’interno di una babele di linguaggi e di una congerie di materiali, i propri convincimenti e le proprie considerazioni.

Le emozioni e le riflessioni dell’artista, a volte magari in modo irriverente, si muovono nel contesto socio economico del quartiere in contrapposizione al sistema dell’arte ordinaria ma soprattutto in forma di ribellione a quelle contraddizioni etiche, ambientali, di solidarietà sociale ed urbanistiche che sono insite alla popolazione residente e al contesto relazionale del quartiere.

Il rapporto della street art con il territorio e con la comunità residente del luogo diventa così sempre più importante passando dalla prima fase di incompatibilità, avversione ed intolleranza a quella dell’accettazione e della legittimazione sia da parte della popolazione residente che delle istituzioni sia infine da parte del mercato turistico che lo promuove come interessante per l’inserimento nel circuito di visita della città.

E’ quello che è successo nella zona dell’Albergheria, quartiere del centro storico di Palermo che ospita Ballarò, il mercato più antico e popolare della città dove cinque artisti palermitani della street art Igor Scalisi Palminteri, Alessandro Bazan, Andrea Buglisi, Angelo Crazyone e Fulvio Di Piazza si sono dati da fare per realizzare cinque murales che hanno riqualificato uno spazio urbano degradato rendendolo visivamente accogliente ed artisticamente interessante.

Così quelle pareti scrostate, brulle con i segni lasciati dai bombardamenti della seconda guerra mondiale rinascono a nuova vita e diventano un simbolo di riscatto per gli abitanti del quartiere ed un richiamo turistico per i numerosi avventori che, fuori dai tragitti tradizionali, cercano di dare una lettura più vera e realistica ad una città che, sotto certi aspetti, è diversa da quella che usualmente mettono in risalto i media.

Questo tipo di linguaggio pittorico è riuscito così non solo a dialogare con la popolazione residente, che s’è dimostrata prodiga di consigli e di utili indicazioni, ma anche con la città e con le sue componenti socio economiche.

Quello che prima era avversato e ritenuto una bruttura s’è tramutato per il quartiere in speranza e prospettiva economica proprio grazie a questi artisti che grazie ai murales le hanno dato vita e posto il quartiere al centro dell’attenzione della pubblica opinione e del turismo di massa.

Quello che prima era stato un approccio timido e preoccupato per l’irriverenza artistica, per quel senso di stupore e di diffidenza che allontanava gli artisti dalla popolazione del quartiere, è diventato come per miracolo un consenso ed un entusiasmo generale. 

Diversi i temi trattati dai singoli artisti:

  • Igor Scalisi Palminteri ha raffigurato dopo San Benedetto il Moro, un gigante di 16 metri di altezza, dalla capigliatura afro anni ’70, un saio celeste e scarpe da calcetto,  Santa Rosalia, la “Santuzza di Palermo”,  su una parete posta in vicolo dei Benedettini, vicino Mongitore e San Giovanni degli Eremiti, incorniciata da una nicchia dorata all’interno di un cerchio bianco, un teschio che è uno dei simboli iconografici della Santuzza; 
  • Andrea Buglisi raffigura un Colibrì che spinge un masso per rappresentare la forza della Libertà artistica che, con i colori e la fantasia, riesce a smuovere e trasportare lontano le tante macerie del quartiere. Il murales si trova nel lato di una palazzina di via Luigi Villanueva (angolo via Giovanni Di Cristina);
  • Alessandro Bazan nel suo murales dal titolo “Icone tra sacro e profano della palermitanità, una veduta di Ballarò” viene collocato su una parete orizzontale salendo da corso Tukory (direzione università). Qui la gente del luogo viene vista stretta l’una all’altra con lo sguardo rivolto all’insù per guardare un punto indefinito fuori dal muro, verso il cielo palermitano. Un modo per raccontare ai passanti la vita vissuta nella confusione vitale di quei luoghi, tra cronaca, arte e cinematografia.
  • Angelo Crazyone raffigura nel suo murales su una parete del Vicolo Gallo uno dei personaggi più amati di Palermo: Franco Franchi.
  • Fulvio Di Piazza nel suo murales dal titolo “La merce del mercato”, collocato in via Porta Sant’Agata, espone il prodotto tipico del mercato di Ballarò: il pesce fresco che, come gridano i venditori, è “vivo, vivo!”.

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