Jazz for Change – La 44esima edizione di Roma Jazz Festival

Dalla ricerca delle radici africane compiuta da un gigante della storia del jazz, Don Moye degli Art Ensemble of Chicago alla prima mondiale di Gong, progetto di Luca Aquino con le immagini inedite di un artista del calibro di Mimmo Paladino. Dalle atmosfere caraibiche di Roberto Fonseca, Mino Cinelu e Yilian Canizares alle sonorità nordiche di Nils Petter Molvær. E poi ancora il jazz “ecologista” di Enzo FavataFrancesco Diodati e Marco Bardoscia, la musica politica di Daniele Di Bonaventura e degli Area Open Project, che presentano il loro nuovo album, il concerto ipnotico di Alexander Hawkins e Hamid Drake, la melancolia di Salvador Sobral e le esplorazioni fra musica e cinema di La Batteria e Ugoless.  

Giunto alla sua 44° edizione, torna il Roma Jazz Festival, uno dei più importanti appuntamenti internazionali dedicati al jazz e alle sue infinite traiettorie. Il festival, ideato e organizzato da IMF Foundation in co-produzione con la Fondazione Musica per Romasi svolgerà dal 31 ottobre al 20 novembre all’Auditorium Parco della Musica, alla Casa del Jazz e al Monk Club 

Prime assoluteospiti internazionali e artisti italiani di spicco, nomi storici e nuove rivelazioni. Concerti, live streaming, incontri, presentazioni e, con lo sguardo rivolto alle nuove generazioni, progetti appositamente pensati per le biblioteche e le scuole e realizzati grazie alla collaborazione con la prestigiosa rivista Jazzit, con un’associazione di consolidata esperienza come Il Jazz va a scuola e con diversi critici musicali.  

Dopo Jazz is now nel 2018 e No borders del 2019, tema di questa edizione è Jazz for Change. Un cambiamento necessario in un mondo afflitto dall’emergenza climatica, dalla messa in discussione dei diritti civili e dai rigurgiti sempre più invadenti di razzismo e nazionalismocui stanno reagendo con forza movimenti come Black Lives Matter e Climate for ChangeLa pandemia ci ha mostrato come sia di importanza strategica cambiare il nostro stile di vita, l’approccio con l’altro, il rapporto con l’ambiente e ripensare i tessuti urbaniimmaginare nuovi modi di vivere gli spazi ma anche sfruttare al massimo le potenzialità offerte dalle nuove tecnologie. Il jazz, musica di trasformazione continua, può essere una fonte di ispirazione: un genere basato sulla cooperazione e sull’armonia ma che, al tempo stesso, insegna il rispetto dei ruoli e lascia libero spazio alle individualità. Jazz for Change inaugura un ciclo tematico triennale dedicato al futuro e all’innovazione: “la situazione imprevista nella quale il mondo si è trovato, ha dato un’accelerazione nell’uso delle tecnologie e della rete internet, coinvolgendo in maniera determinante anche il settore della cultura. Per questo, l’uso dello streaming, della realtà virtuale e dell’intelligenza artificiale saranno da noi sperimentati e sviluppati nei prossimi tre anni, con l’obbiettivo di arrivare a creare una piattaforma integrata che permetta allo spettatore di essere non più soggetto passivo ma interattivo, creando le condizioni di un allargamento del pubblico e un maggiore coinvolgimento” afferma il direttore artistico Mario Ciampà. 

Il festival si svolgerà nel pieno rispetto delle normative anti-covid vigenti e per consentire a una platea più ampia possibile di seguire il festival alcuni concerti –  Area Open Project, Mario Tozzi e Enzo Favata, Alexander Hawkins e Hamid Drake, Salvador Sobral e Roberto Fonseca – saranno  trasmessi in diretta streaming grazie alla collaborazione con la piattaforma Live Nowinnovativo e versatile servizio di streaming che consente di assistere a concerti ed eventi sportivi di tutto il mondo. Gli streaming dei concerti del RJF2020 potranno essere acquistati sia singolarmente che in formula abbonamento. 

Grazie alla partnership con Mezzo Live HD, inoltre, i concerti di Don Moye, Luca Aquino con Manu Katchè e Mino Cinelu con Nils Petter Molvær verranno trasmessi dal canale satellitare francese dedicato alla musica classica alla danza e al jazz che trasmette in oltre 55 Paesi, dall’Australia al Canada, dalla Russia alla Mongolia. In Italia il canale è visibile sul canale 49 della piattaforma satellitare TivùSat.  

PROGRAMMA 

Il Roma Jazz Festival si apre il 31 ottobre in Auditorium Parco della Musica con un nome storico del grande jazzFamoudou Don Moye, da ben 50 anni percussionista degli Art Ensemble of Chicago. In questo concerto, per il quale ha riunito un gruppo di musicisti di talento con una solida conoscenza delle tradizioni del jazz, del blues, del funk e una decisa attitudine all’improvvisazione, Don Moye presenta un repertorio musicale che alle sue composizioni unisce quelle di Lester BowieJoseph JarmanChico FreemanRoscoe MitchellDudu KouatéChristophe LeloilOdyssey & Legacy sarà un grande un tributo alla tradizione percussiva afroamericana, alle sue origini e alle molteplici influenze della diaspora africana.  

Appuntamento imperdibile il giorno seguente, primo novembre, sempre in Auditorium Parco della Musica, per la prima mondiale del concerto multimediale Gong. La musica del trombettista Luca Aquino con la partecipazione speciale del percussionista francese Manu Katchè, le opere visive inedite di Mimmo Paladino caposcuola della transavanguardia italiana e i testi di Giorgio Terruzzitra le penne più brillanti e note del giornalismo sportivo italiano racconteranno le grandi storie della boxe: da Primo Carnera a Muhammad Ali, passando per Sugar Ray Robinson, Nicolino Loche, Carlos Monzon, fino a Mike Tyson. Le imprese, le vittorie ma anche le grandi sconfitte di questi atleti entrati nel mito della noble art per mettere in luce anche l’uomo che si nasconde dietro il grande campione, con le sue fragilità, i suoi sogni e i fallimenti. Sei storie di pugili per sei fantastiche parabole di vita: storie di resistenza, impegno e capacità di trasformazione, dove vincere o perdere non ha molta importanza, quando la grande impresa è riuscire a salire su quel ring.  

Il Nord e il Sud del Mondo si incontrano invece il 2 novembre in Auditorium Parco della Musica nel concerto di Mino Cinèlu e Nils Petter Molværche presentano il disco appena uscito (settembre 2020) SulaMadiana. Il titolo dell’album prende il nome da Sula, l’isola al largo della costa occidentale della Norvegia, da cui proviene Molvær, e Madiana, sinonimo di Martinica, da cui proviene il padre di Cinelu. L’album rende omaggio a Manu Dibango, Tony Allen e Jimmy Cobb. Cinelu ha guadagnato fama internazionale negli album di Miles Davis come We Want Miles o Amandla. Ha lavorato con i Weather Report, Herbie Hancock, Pat Metheny, Sting, Santana, Lou Reed e Laurie Anderson. Nils Petter Molvær è una delle figure più importanti del jazz europeo. Il suo viaggio nelle aree inesplorate della musica abbraccia quasi una dozzina di dischi, sui quali ha esplorato varie combinazioni tra sonorità acustiche ed elettroniche. Entrambi sono maestri nella visualizzazione del suono e nel trasformare il visibile in udibile. La loro casa musicale è l’intero pianeta, ma mentre il suono rauco e nuvoloso della tromba di Molvàer evoca il freddo boreale, Cinelu è il fuoco ritmico dell’America Latina e dell’Africa. In SulaMadiana, hanno finalmente trovato il loro spazio comune.  

Il 7 novembre ci si sposta al Monk club per una serata all’insegna delle sperimentazioni e degli incroci fra musica e cinema, con i due live di La Batteria e UgolessFormazione composta da veterani della scena alternativa strumentale romana, La Batteria propone uno stile di confine fra progfunkjazzfusion a base di Moog, tastiere e wah-wah, con riferimenti ai grandi compositori italiani di soundtrack, da Ennio Morricone a Piero Umiliani. Dalla dimensione cinematografica attinge in parte anche il trio Ugoless, composto da due jazzisti e un sound designer, che ricampionano frasi celebri della storia del cinema ma anche della Storia e della politica, passando da Kubrick a Freud. Tutto, in un orizzonte sonoro in cui Coltrane incontra gli Autechre. In occasione del Roma Jazz Festival presentano il loro ultimo album Soul Church Music per Parco della Musica Records. 

Simbolo di assoluta libertà creativa e di impegno politico sono sempre stati gli Areaformazione musicale aperta nata agli inizi degli anni ’70 intorno alla figura di Demetrio Stratos. Il 10 novembrenella formula Area Open Projectpresentano in Auditorium Parco della Musica il loro nuovo album in uscita il 24 ottobre per Warner e registrato durante un live in Giappone: il  repertorio  è  un  viaggio nel mondo del jazz che ha da sempre contraddistinto il gruppo, muovendosi con naturalezza tra sonorità elettroniche, world ed etniche (con brani antichissimi, le cui notazioni risalgono a migliaia di anni fa) reinterpretate con lo stile sperimentale tipico del background Area, che conducono il pubblico in un viaggio nel tempo, tra atmosfere affascinanti e coinvolgenti, dove l’esotismo incontra l’inaudito Il giorno successivo, 11 novembredall’Auditorium si salpa verso il Mediterraneo con il concerto del sassofonista sardo di fama internazionale Enzo Favata e il celebre geologo e divulgatore scientifico Mario TozziUno scienziato della terra e un musicista che della musica della sua terra ha fatto un’inconfondibile cifra stilistica. Fra le improvvisazioni di Favata intorno alle tradizioni folkloriche e i grandi temi ecologici sollevati da Tozzi, il racconto affascinante del Mare Nostrum attraverso il particolare punto di vista della geologia di una musica al confine tra passato e futuro. Il 12 novembre arrivano al Roma Jazz Festival 2020 il pianista inglese Alexander Hawkins, uno dei giovani musicisti europei più versatili e richiesti, e Hamid Drake, batterista della Louisiana di lunga e consolidata esperienza. Hawkins, apprezzato per la straordinaria concentrazione che dimostra nelle sue esibizioni live, retaggio di una formazione in parte classica, è cresciuto ascoltando il primo Duke Ellington e Bill Evans ma in concerto riesce a far aleggiare lo spirito di Messiaen. Di tutt’altro tipo la formazione di Drake, immerso fin dall’adolescenza nel soul, funk e R&B targato Motown per sviluppare durante la sua carriera un interesse profondo per le molteplici traiettorie e influenze della musica africana. Quello in Auditorium sarà un concerto ipnotico, circolare e intenso, in un continuo e vicendevole inseguirsi di due linee parallele che alla fine si ricongiungono.  

Dopo le due strepitose esibizioni all’Eurovision Festival – nel 2017 quando stregò pubblico e critica con la sua esibizione e nel 2018 in duetto con Caetano Veloso  Salvador Sobral arriva a Roma, il 13 novembre in Auditorium, per presentare il suo ultimo album Paris, LisboaSobral ha una voce straordinaria, ha timbro e tecnica, appoggia le frasi della sinuosa lingua portoghese con la stessa sensibilità di un interprete jazz. Vederlo muoversi sul palco usando ogni gesto al solo scopo di accompagnare la canzone, con un atteggiamento del tutto anti-pop, rivela la sua assoluta spontaneità e sincerità.

Il 14 novembre in Auditorium sarà invece la volta dello Chopin cubanol’Herbie Hancock de L’Havana, il pianista Roberto Fonseca, dal 2001 membro stabile del Buena Vista Social Club. Al Roma Jazz Festival presenta il suo ultimo album Yesunper il quale The Guardian ha parlato di “maestria” di Fonseca, mentre Mojo lo ha definito formidabile e Downbeat ipnotico. Ad ogni modo, il disco è un’esplosiva miscela di jazz, musica classica, rap, funk ed elettronica che rompe le forme e abbatte i confinisempre in costante ricerca delle radici profonde della tradizione afrocubana. Yesun è un gioco di parole che simboleggia l’acqua. E come l’acqua ha il potere di raggiungere lunghe distanze e acquistare qualunque forma, così la musica di Fonseca scorre tra l’antico e il moderno, accogliendo le sfide con un senso acuto della forma, del ritmo e della melodia, fra assoli a volte agili e delicati, altre percussivi e vigorosi, sempre permeati di profondità, lirismo e determinazione. Dall’acqua di Fonseca si passa alla clorofilla del chitarrista Francesco Diodati in concerto il 15 novembre in Auditorium Parco della Musica con Leila e Sara Shirvani ed Enrico Morello per presentare, appunto, Clorofilla, un album che Paolo Fresu ha presentato così: “un pigmento musicale, un suono di colore verde che declina energia e luce, poesia e pathos. È il suono della terra. Della natura e dell’uomo che la abita. Chloros Phyllon è la fotosintesi del pensiero. Clorofilla/Chloros Phyllon è un progetto collettivo firmato dai quattro rigorosi e curiosi artisti, fra i più talentuosi e interessanti volti del nuovo jazz italiano. Da anni al seguito di Enrico Rava e impegnato su più fronti, Diodati intende attraverso la propria musica sensibilizzare il pubblico rispetto alle grandi questioni ambientali: la biodiversità, lo stato del nostro pianeta e il bisogno di rispettarlo e di viverlo con una rinnovata attenzioneLe composizioni originali, per lo più scritte da Diodati, con incursioni nella tradizione folk italiana e persiana ad opera di Leila Shirvani, sono contraddistinte da atmosfere riflessive e rarefatte, con la melodia a guidare la musica. Ecologia e attenzione all’ambiente sono i temi anche di The Future is a Tree, album dal titolo evocativo del contrabbassista salentino Marco Bardoscia, classe 1982, all’attivo prestigiose collaborazioni in campo internazionale e oltre 40 album registrati come sideman. Il disco, che verrà presentato live in Auditorium il 17 novembre è incentrato sul tema del tempo, sia cronologico, come nella suite iniziale dedicata alle quattro stagioni, che meteorologico, nei brani della seconda parte che rappresentano una riflessione sui danni causati dal cambiamento climatico. Dall’impegno ambientale si passa a quello più propriamente politico di Daniele Di Bonaventura, in concerto in Auditorium il 19 novembre con il gruppo Band’Union. Il bandonenonista e pianista presenta live il suo ultimo progetto discografico, Garofani Rossiincentrato sulle musiche della Resistenza e delle rivoluzioni di tutto il mondo, reinterpretate però in favore delle melodie e delle armonie. Un album che Di Bonaventura ha dedicato all’amico Mario Dondero, fotografo e giornalista che ha raccontato con le sue splendide immagini i più importanti eventi culturali e sociali degli ultimi 50 anni e che ha vissuto personalmente la resistenza nelle squadre partigiane della Val d’Ossola durante la II Guerra Mondiale.  

I concerti di Francesco Diodati, Marco Bardoscia e Daniele di Bonaventura sono realizzati in occasione dei dieci anni dell’etichetta Tǔk Music di Paolo Fresu.  

Gran chiusura il 20 novembre in Auditorium nel segno di due elementi centrali per tutti i grandi movimenti che oggi lottano per il cambiamento, la lotta femminista e la ferma volontà di reagire agli imprevisti della Storia. Sul palco della Sala Petrassi salirà una delle cantanti, violiniste e compositrici più apprezzate della scena internazionale, la cubana Yilian Canizares con il Trio ResilientDa sempre attenta alle tematiche dei diritti civili e femminili, la Canizares presenta al pubblico del Roma Jazz Festival 2020 il suo ultimo album Erzulie dedicato alla divinità femminile haitiana dell’Amore e della Libertà. Un tributo a tutte le donne che vivono in questo momento storico decisamente complicato e che l’artista presenta in questo modo: “Essere donna oggi in questa società è una grande sfida. Ritengo che sia mio dovere come donna, come Artista e come essere umano essere impegnata nella difesa dei diritti femminili e civili in tutto il mondo: uguale retribuzione, stesse agevolazioni per accedere alla scolarizzazione, lotta contro le violenze di ogni genere, maggior presenza delle donne nelle posizioni di potere ma soprattutto rispetto per la nostra indipendenza e integrità morale”.

Link alle prevendite: https://bit.ly/3ki5HYh 

Fonte: GDG PRESS

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